L’evoluzione sociale, intesa come quel complesso di cambiamenti che identificano e qualificano la nostra società civile, quella capacità, cioè, di assumere le caratteristiche maggiormente funzionali alle condizioni ambientali del contesto in cui si vive, si trova di fronte ad un ostacolo notevole: il processo di mutamento inesorabile e molto più veloce rispetto alla nostra capacità di adattamento.

La globalizzazione, internet ed il progresso tecnologico più in generale, hanno già cambiato il nostro modo di vivere; Smartcity, biotecnologie ed energie alternative sono le nuove frontiere che rappresentano una traccia, una direzione intrapresa e che modificheranno definitivamente le nostre relazioni socio-economiche.

Anche l’Italia, e ci mancherebbe se così non fosse, ha seguito nel cambiamento il resto del mondo. Non solo. Rispetto agli altri Paesi, ha segnato il passo per quanto riguarda l’adeguamento del modello di welfare sociale, fino a qualche decennio fa elemento distintivo, un vanto che ha contribuito a diffondere nella popolazione quel senso di protezione e tutela di fronte a problematiche quali l’assistenzialismo, la salute, la qualità della vita post lavorativa, e oggi invece pesantemente carente.

Un paese con un welfare sociale debole come può pensare di affrontare e vincere le sfide del presente? E che futuro ci attende?

L’evoluzione demografica del nostro Paese, per entrare nello specifico, ha due peculiarità di rilievo che vanno considerate: l’invecchiamento della popolazione, causata dal calo delle nascite e la longevità: siamo tra i paesi più longevi al mondo!

Se da un lato lo Stato ha modificato ed integrato leggi e normative obsolete in materia appunto di welfare, con risultati comunque inadeguati, dall’altro bisogna ammettere che il cittadino italiano non ha ancora compreso l’impatto dei cambiamenti sul suo benessere futuro. Questa inconsapevolezza, distrazione o scarsa visione è dovuta al fatto che i problemi che affrontiamo quotidianamente – legati alla crisi economica ormai senza soluzione di continuità – ci distolgono da una riflessione, profonda e lungimirante, su ciò che realmente ci riserverà il futuro. Si aggiunga, inoltre, quell’atavico fatalismo e scaramanzia tipico della nostra cultura, quel modo di vedere il mondo con ottimismo da una parte ma con superficialità dall’altra, la voglia di essere protagonisti ma allo stesso tempo la grande capacità nel nasconderci quando bisogna agire mettendo la testa sotto la sabbia, senza rendersi conto che, dietro l’angolo, ci attende una crisi sociale pronta ad esplodere come una bomba!

Parlando di numeri: la speranza di vita dopo il 65° anno di età è attualmente pari a 19,1 anni per gli uomini e 22,4 per le donne ma… vivere di più non vuol dire vivere meglio!

Un terzo degli over 65, infatti, e oltre la metà degli over 75 hanno gravi difficoltà a svolgere alcune attività quotidiane domestiche per non parlare degli ultra ottantenni dove le malattie multi-croniche colpiscono il 64% della popolazione. Numeri che lasciano chiaramente intuire l’impatto a livello socio-economico considerando che già il 41% degli italiani utilizza il proprio reddito personale per far fronte alla spesa sanitaria e gli stati di non autosufficienza già gravano sui bilanci familiari per almeno 9,2 miliardi di euro.

Lo Stato fa qualcosa attraverso le indennità di accompagnamento erogate dall’INPS dopo accurati accertamenti, l’assistenza residenziale agli anziani e disabili e non-residenziale (strutture semi-residenziali e assistenza domiciliare). Le RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) accolgono persone che hanno bisogno di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa sia generica che specializzata e hanno oneri in termini di rette a carico dell’ospite e dei suoi familiari (le strutture private), mentre nelle strutture pubbliche la retta è determinata come entità e modalità di pagamento, sulla base reddituale e patrimoniale dell’avente diritto.

Il Fondo Nazionale per la non autosufficienza istituito con legge 296/2006 ha la funzione appunto di fornire il supporto economico in tale direzione con una dotazione economica di circa 450 milioni per ciascun anno del triennio 2018-2020.

Rispetto agli altri Paesi il sistema dei servizi pubblici destinati agli anziani, come evidenziato dai player del settore, fornisce risposte altamente inadeguate in termini quantitativi e qualitativi rispetto all’invecchiamento della popolazione.

Altro elemento che si aggiunge al precedente è rappresentato dal cosiddetto welfare familiare che si rivela sempre più debole a causa dell’atomizzazione delle famiglie stesse e alla difficoltà sempre maggiore nel conciliare vita privata e lavorativa.

Come se non bastasse, c’è da considerare – come congiuntura estremamente negativa – la rottura del “patto intergenerazionale” sul quale si basava il nostro sistema pensionistico pubblico. In conseguenza sia dell’invecchiamento della popolazione, sia della necessità di contenimento della spesa pubblica, il legislatore è stato costretto a rivedere il sistema previdenziale, non più sostenibile, attraverso una serie di riforme: in primis l’allungamento dell’età pensionabile, adottando il metodo di calcolo contributivo con il quale,  per calcolare la pensione, si moltiplica il montante dei contributi del lavoratore per il coefficiente di trasformazione che tiene conto sia dell’età che dell’aspettativa di vita. In buona sostanza più si versa e per più anni lo si fa e maggiore sarà la pensione che si andrà a percepire.

Un lavoratore dipendente in continuità di stipendio e con gli aumenti contrattuali previsti, con 46 anni di contributi versati dal datore di lavoro, percepirebbe il 73% di pensione rispetto all’ultimo stipendio… fantascienza! Considerando l’attuale scenario di precariato, lavori decontribuiti grazie ad incentivi fiscali alle aziende, all’esercito delle partite IVA con regimi minimi, ai lavoratori autonomi dove , in pratica, si versano tra il 25% ed il 33% dei contributi previdenziali rispetto al reddito denunciato di poco più di mille euro mensili?

Lasciando alla Busta Arancione (nel sito dell’INPS è possibile fare la simulazione della propria ipotetica pensione futura) il compito di fornire dati numerici individuali, è di facile comprensione come le pensioni future dei lavoratori attivi oggi saranno estremamente esigue, non lontane dalle pensioni sociali.

Il quesito a questo punto è inquietante: come faremo a far fronte ad una lunga vita post-lavorativa con poco denaro disponibile, possibili problemi di salute e di autosufficienza piena, con un sempre più scarso supporto dello Stato e probabilmente senza poter far affidamento sui nostri familiari?

Di qui l’importanza fondamentale di un nuovo approccio culturale che metta al centro la persona ed il suo progetto di vita nel complesso, con la consapevolezza del nuovo contesto economico, ambientale e familiare in cui viviamo.

Le sinergie tra pubblico e privato si rivelano fondamentali anche perchè se da un lato lo Stato non riesce a far fronte alla spesa sociale in maniera adeguata ha concesso, dall’altra, una serie di agevolazioni fiscali quale incentivo per provvedere autonomamente e preventivamente alle problematiche affrontate.

Un approccio insomma multidimensionale ed integrato che mette a fattor comune l’esperienza di tutti i soggetti coinvolti.

Tra questi sicuramente ci siamo noi assicuratori che ancor prima di farci coinvolgere pienamente ed esclusivamente nelle nuove logiche distributive di mero collocamento di prodotti standardizzati, dobbiamo riappropriarci del nostro ruolo divulgativo delle tematiche trattate contribuendo al cambiamento della mentalità dell’italiano utilizzando la nostra professionalità ed i nostri strumenti tecnici e di consulenza.

La soluzione delle problematiche legate alle (s)coperture previdenziali, alla salute e alla non autosufficienza passa attraverso prodotti e servizi già da tempo esistenti ma che non hanno avuto il risalto necessario.

A questo punto non posso che augurarmi che nasca nel lettore – sia esso un potenziale cliente o un collega – un’occasione di riflessione, una nuova consapevolezza… un’azione!

 

Daniele Clemente